sabato 15 dicembre 2012

Weihnachtserscheinung - Presepe vivente sulla statale 67

 


Ieri sera sono sceso a fondovalle per andare alle prove del gruppo di musica a ballo che stiamo mettendo insieme, ormai da un anno, con alcuni suonatori dei maggiaioli. Dopo la grande nevicata e il freddo intenso oggi durante il giorno la temperatura è finalmente risalita sopra lo zero, anche se la parte alta della strada di casa, con la curva ripida esposta a nord, è rimasta impraticabile per ghiaccio e neve. Ho lasciato la macchina dopo il guado ma prima del ponte.
Quando sono sceso con zaino e custodia dello strumento in spalla (mandolino e bottiglia di vino, con qualcosa da sgranocchiare durante la cena in compagnia) era buio pesto - sono arrivato all'auto che erano le sei passate, e la strada asfaltata risultava ormai perfettamente sgombra. Soltanto sul bordo gli ultimi rimasugli della neve scostata dallo spazzaneve. Piovigginava, e l'aria era densa di umidità. Andavo piano, scendevo seguendo le curve senza fretta, ma subito dopo il rettilineo alla fine del paese mi sono ritrovato dietro a un vecchio camion scoperto, che emetteva una nuvola di fumo azzurrino e puzzolente. Non un nuvolone insopportabile, ma abbastanza da farmi sentire in un mondo passato, che oramai si incontra sempre di meno. La campagna era nera, perché nera appare la terra dopo che sparisce la neve, nera era la strada, e così l'asfalto luccicante, e la notte. Anche la luce arancione dei  lampioni sparsi qua e là a segnare le abitazioni della valle, non faceva che aumentare questo effetto (il giorno dopo Santa Lucia, pensavo). Il camion era vecchio, e sembrava senza targa. Come capita in questi casi mi sono fissato a guardare l'asse delle ruote posteriori, con al centro quella specie di rigonfiamento imbullonato che potrebbe essere il differenziale o la trasmissione. Chissà quante migliaia e migliaia di chilometri aveva fatto. Si sa, i camion sono quasi indistruttibili. Era un'immagine, tutto quello che vedevo, che poteva benissimo essere di un inverno di vent'anni fa, e per me, che da parecchi giorni non lasciavo casa, era come non ritrovare le coordinate del presente, ritrovarmi in un tempo diverso. 



Non smaniavo per superare il camion, come invece l'attualissima macchina alle mie spalle, che mi mordicchiava aggressiva il didietro, e che appena possibile ho lasciato passare. Seguivo il camion, godendomi quell'attimo che sembrava uscito da chissà quale fumetto torvo di china. Anche perché sapevo che in breve sarei arrivato alla botteguccia di San Bavello, dove  volevo comprare un pane (loro hanno quello buono, cotto a legna, e un pezzo da un chilo costa 2 euro e poco più).  Ma prima che iniziassi a congedarmi dai fanali posteriori (ormai sbiaditi e gialli) del mio camion, prima che avessi il tempo di iniziare a rallentare all'iingresso del rettilineo con la bottega, ecco che anche lui frena. Ci fermiamo insieme, io subito dietro, penso anche lui viene qui. Forse per un bicchiere di vino, è una vecchia locanda. Cerco il denaro, e intanto guardo davanti a me il cassone di alluminio da trasporto. La targa tutta inzaccherata, si rivela di Firenze. MI verrebbe voglia di dirgli di far dare un'occhiata alla carburazione, che la sua carretta ci avvelena come una centrale a carbone - ma mi trattengo, un po' per rispetto dell'anzianità del mezzo, un po' perché in fondo convinto che l'autista lo sappia benissimo. Scendo, e vedo che il cassone umido, come umido è tutto nella notte qui fuori, è vuoto e sporco di legna. Scopro che nel frattempo qualcuno è sceso dal lato del passeggero. Mentre ci passo accanto vedo una donna involtolata in un cappottone nero e un ragazzino di dieci anni. La portiera è aperta, lei è di profilo, rivolta verso l'interno dell'abitacolo. Intravedo una figura in ombra al posto di guida. L'uomo e la donna si parlano, il bimbo si agita e si guarda attorno, io spingo la porta ed entro. In bottega c'è luce e caldo, la signora sta servendo qualcuno ma c'è libera la figlia, che non ricordo di avere mai visto ma che le assomiglia come una goccia d'acqua - come doveva essere anche lei vent'anni fa. Saluto, schivo come  sempre con chi non conosco, prendo il mio pane (ma con la signora, o anche col marito, quando ho tempo mi fermo volentieri a scambiare due chiacchiere), pago ed esco. Li ho appena intravisti uscendo, erano dietro di me: il bambino ha un piumino azzurro, la donna è una donna bella, giovane e pallida, alta e con tratti gentili, la testa avvoltolata in una sciarpa come si usava negli anni cinquanta. Fuori guardo di nuovo nella cabina del camion (è un Lupetto della OM, o Fiat che fosse già diventata, rosso, e comunque un camion dei miei anni verdi), e nell'ombra vedo un uomo con il braccio appoggiato al volante, mezzo di traverso. Ha un beretto schiacciato in testa, la barba nera e lunga di qualche giorno, sembra anche lui uscito da un film di cinquant'anni fa. Ma è giovane, non ha più di quarant'anni. Che impressione mi fa. Una famiglia che viaggia in discesa dal passo del Muraglione, su un vecchio camion, in questa serata prenatalizia buia e gialla di luci. Come se fossimo nel dopoguerra: un tempo per me vissuto soltanto come ricordo altrui, salvo rari attimi d'allucinazione come questo, o gli sconfinamenti nell'Europa dell'Est, quando c'era. Torno alla mia macchina metallizzata che mi appare improvvisamente incongrua come una proiezione del futuro, e penso a questa impressione, che da un lato va a ripescare nei ricordi di una giovinezza da tempo non frequentata, e dall'altro appare come un fantasma e una premonizione di un mondo che verrà (La strada, di McCharty?). Non so perché (forse l'ambientazione notturna?) mi viene in mente il tenente Colombo nello spiazzo della Potsdamerplatz, che incontra Bruno Ganz, ancora angelo: lui senza vederlo lo sente aleggiare vicino, gli tende la mano e gli dice: "allora come va, compañero?” 


Le foto sono dell'8/12/2012, ieri sera non avevo nulla per scattare. 
Quella in apertura mostra cosa si vede dalla porta dell'ingresso nuovo, la seconda da una delle finestre della cucina, che dà sul Falterona. Questa qui invece mostra l'alloro di Ueli, un bel po' piegato dalla neve (ora si è ripreso).

3 commenti:

  1. Grazie per questa piccola gelida minuta storia...chissà dove sarà andata, quella famiglia...

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  2. Che bel regalo! Sono in viaggio sulla Piacenza Bologna e leggendo il tuo racconto mi vien voglia di abbandonare l'autostrada o di scavare sotto il manto per ritrovare le antiche tracce dei lenti viaggiatori.
    Grazie Luca
    Antonio B.

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