Con gli anni mi sono convinto che non c'è bisogno di andare chissà dove per guardarsi attorno e scoprire meraviglie (magari non proprio e sempre meravigliose, che non se ne può più, ma cose che parlino al nostro sentimento). Senz'altro esagero, e la mia mania di fotografare tombini difficilmente mi porterà mostre o premi, anche perché, da snob qual sono, non mi curo di fare foto belle, proprio come non mi curo più di scrivere testi belli. Il bello ormai se esiste dev'essere - almeno per l'estetica che ho personalmente maturato - un regalo casuale, un'epifania colta dalla mente. E quel che viene oggi vantato bello mi pare non essere altro che cosmesi a ricoprire la dilagata lordura. Diciamolo, non se ne può più di belle foto, almeno da quando esistono instagram e simili non-luoghi dove si raccolgono le immagini talmente incredibili da diventare ridicole e kitsch (il contenitore svela il contenuto).
Così il mio sguardo si restringe sempre di più, e presto tornerei a usare la Rollei di mio padre, se non fosse maledettamente difficile, lungo e costoso. Sono pigro, e imparare a cosa servono tutti i pulsanti e selettori della Nikon mi costerebbe troppa fatica (ci ho provato, ma poi dimentico tutto). Una foto mia vale soltanto come promemoria, un post-it, un "Zettel" (se posso usare la lingua dei filosofi).
Per cui mi accontento di scattare delle ipotesi, e le mie foto sono appunti, annotazioni da sviluppare altrimenti (nel pensiero, che è l'altra faccia della memoria, la mia vera camera oscura).
Il pensiero che sta dietro alla foto che propongo qui oggi è elementare: una spruzzata di neve mette in rilievo le trame del bosco, i sentieri e le forme della montagna, rivelando strade, dossi, salti e ripiani di cui non avrei mai immaginato l'esistenza (soprattutto nel bosco spogliato dal vento).
Per concludere voglio tessere ancora lodi a Cezanne, ricordando la sua mania di ritrarre la Sainte Victoire, montagna incantata, nella sua modestia, che merita il pellegrinaggio di chiunque ami le immagini, e ritenga come me le montagne, tra le mille altre cose che sono, immagini primordiali e fortissime). Io mi sono limitato ancora di più: per scattare non esco nemmeno di casa.
Post Scatto - Si tratta della stessa inquadratura di un disegno di Rocco Lombardi, preso da qualche decina di metri più in basso, che era passato di qui anni fa e ora mi è tornato tra le mani (la cosa curiosa è che pur avendolo lui fatto in agosto il disegno si presenta compatibile con la neve: solo le macchie nere del bosco sono più nette, a causa della coltre scura delle foglie).
Prima di diventare casa editrice (che è non è qui!) Montaonda era il nome di un borghetto abbandonato, e della piccola colonica sull'Appennino, sotto il monte Falterona (Fi), in cui mi sono trasferito nel 2007-8, alla ricerca di una vita migliore. Questo blog è nato come racconto e newsletter per informare gli amici senza ripetermi mille volte. Dal 2009 è diventato diario di questo viaggio fermo. Chiunque è benvenuto, proprio come gli ospiti che vengono a trovarmi (le foto sono tutte mie).
lunedì 17 dicembre 2018
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