Nella vita di tutti noi, come in un fiume, scorrono acque che
provengono da tante sorgenti, da valli e declivi diversi; a volte, a seconda di
piogge e temporali locali, di queste acque alcune prendono il sopravvento, portando
diversi colori, materiali, sostanze disciolte. Ma il fiume, che non è solo
acqua, è anche la sponda e la terra in cui scorre, resta lo stesso, imbrigliato
tra le rive. Porta l'acqua dove deve, a un altro fiume più grosso, un lago, un
mare, a volte anche al deserto.
In questo periodo nella mia vita scorrono diverse acque che
parlano di case, un tema che ho sempre amato - fin da quando ragazzo
frequentavo la casa del nonno, nelle valli alpine, quando cercavo vie d'evasione
dalla casa dei miei a Milano (per lo più d'inverno erano le case dove vivevano
fidanzate e amici con le loro famiglie d'origine), fino alla prima casa mia,
condivisa con la compagna M. a Berlino. Arrivato a Montaonda (stralcio un po'
di roba), ho scoperto valori e valenze diverse della casa, in particolare come
luogo dove oltre a lavorare ed espandere la mente (questo è sempre stato anche
in città, in patria o all'estero) ricercare un migliore rapporto con mondo, ovvero la
Wilderness, o una "private Wildnis" (per usare un temine di Schmidbauer
che ormai ho adottato).
In questi giorni ho deciso e preso accordi per una nuova
casa, che prenderò in affitto in paese, dove trasferire la Casa (altro
"caso"?) Editrice.
E soprattutto sono appena stato a Milano, dove ho incontrato
l'amico Nicolò Doveri, psicanalista analitico (cioè junghiano) e abbiamo
chiacchierato un po' di queste cose. Perché lui qualche tempo fa mi aveva
regalato un libretto "Metafore del sé", in cui interveniva con uno
scritto in cui ho trovato confermate dall'osservazione clinica molte mie
intuizioni (chi avesse dimestichezza con questo blog ne troverà in abbondanza,
dal primo post (titolo: "ho homprato hasa in toshana", che è un modo
diverso per dire "ho investito le mie risorse animiche in questa terra",
immagine: la mappa catastale della casa) all'ultimo (aprile 2019, Schmidbauer -
e prima tanti altri: giugno 2018, storia di un letto; marzo 2018, La porta di
casa).
In pratica, lavorando al libro di Schmidbauer ("Una
casa in toscana" uscirà spero all'inizio dell'autunno), leggendo Nicolò e
preparandomi al trasloco della casa editrice, proseguo quel cammino che Jung
chiamava percorso di individuazione, di ricerca e dialogo col sé, che è poi
appunto il lungo fiume della nostra vita, fino alla sua fine, quale che sia.
Per riportare tutto a un contesto naturale (sto leggendo
anche un paio di libri di Marco Vannini,
sulla filogenesi delle specie e il significato biologico che oggi
possiamo vedere nell'evoluzione darwiniana - visto poi che in parallelo devo
tradurre Le vite delle api di Seeley,
inventore dell'apicoltura darwiniana, che sarà la grande pubblicazione
Montaonda del 2020): in fondo siamo tutti chioccioline, ci portiamo una casa in
testa (per tornare a un'immagine che ho molto amato di Canetti, in Auto da fé), e viceversa la testa è la
nostra casa.
Può capitare (è un po' la mia sensazione di questi giorni) che
questa casa sulle spalle diventi pesante (emicrania? Speriamo di no, non posso
permettermelo nella mia lotta contro Kronos). Che vi si sia accumulata troppa
roba (troppi libri!, come per gli amici Gesa e Charles, che devono smontare la
casa di Vicchio e una casa a Bruxelles), oppure che sia umida, che abbia
infiltrazioni, problemi di tanti generi diversi, dai gocciolamenti,
all'insufficiente riscaldamento al - terribile - terremoto.
E qui si apre un altro campo di coincidenze. Enosigaios. lo Squotiterra, era il
secondo nome di Poseidon, noto come il dio greco del mare (ma non soltanto). Oggi
sulla fronte delle case, ovvero sotto il tetto, si mette (l'ho dovuto fare
anch'io perché Montaonda è in "zona 1") una corona di ferro, un
cordolo antisismico in cemento armato. Chissà se servirà davvero. Gli scettici
dicono che gli dèi non si possono imprigionare, che la contenzione serve solo
ad aumentarne forza e potenza. Già Jung, ricordava Hillman, diceva che gli dèi
sono le nostre malattie. Che malattia è lo Squotiterra?
Lo chiederò a Schmidbauer (che tra l'altro ha una figlia
architetto), a Doveri, esperti di case psicologiche.
Arrivo a concludere che così è la terra su cui camminiamo. Fiorita,
quando splende il sole, ma sempre in movimento, come il fiume. Le stagioni
passano rapide, e le case, quando non sono abitate (qui sull'Appennino si vede
benissimo) dopo una ventina d'anni crollano (e lo vedo tanto spesso nelle persone attorno a me), vien giù prima il tetto e poi
tutto il resto. Da ciò l'esortazione a tenerle pulite, le case che abitiamo, in
ordine, arieggiate e ordinate. Parlo al plurale perché sono sempre almeno due,
s'intende...