venerdì 30 ottobre 2015

Autunno - mondo giallo


Sono al computer e sto scrivendo per preparare un nuovo libro: studio fotografie che raccontano un viaggio incantato, svolto un anno fa tra terre e fanghi colorati, acque termali e vegetali (questa fotina è un assaggio, un piccolo dettaglio). Faccio spesso pause: mi alzo e suono qualcosa, leggo qua e là, bevo o prendo qualcosa da mangiare, carico la stufa, senza perdere la concentrazione e anzi, questo permette a tutto quel che mi passa per la testa (non so come chiamare ciò che ancora non sono pensieri) di prendere una o più forme (nuvole mentali?). Ora ho preso il barattolo dei lupini, comprati secchi e cucinati in casa, reliquia della vacanza in Sicilia conclusa ormai un mese fa. Me li mangio, uno a uno, e m'immergo in profonde e scure acque di memoria (il giallo porta luce però).




Vado avanti ancora un po', cerco e ragiono, scrivo; è incredibilmente faticoso trovare una forma a sensazioni e pensieri preverbali. Scrivere è per me un continuo lottare con la memoria (che è anche il progetto), un po' come sbattere la pasta sulla spianatoia e lavorarla con le mani per renderla morbida e uniforme, appetibile. E poi concludo che, anche se si tratta di parole, sono sempre forme (non racconti, ma ricerca di nessi, sintesi di figure: i pensieri son forme e viceversa le forme pensieri). Massa in forma, proprio come la pasta lavorata, prima di diventare tagliatella o raviolo. Così mi alzo di nuovo e scopro la pentola (mentre lavoro mi piace cucinare), in cui ho messo a stufare sulla stufa (non a caso) le verdure per il pranzo. Sotto il vapore del coperchio appaiono (ma il vapore non si fotografa) ali di finocchio annegate nella curcuma (e briciole di buccia d'arancia): il loro bianco verde si sta già trasformano nel giallo carico del sole. Mi colpisce la composizione involontaria, luccicante perché bagnata e per gli spicchi della luce riflessa; l’eleganza delle forme adagiate, quasi  ali d’angelo staccate.


Quando guardo fuori dalla finestra (guardo spesso fuori dalle finestre, è una delle ragioni per cui mi sono trasferito qui, lasciando i muri e le visioni prigioniere della casa di città) posso osservare la montagna indorata dalle  foglie del fico, più in là dei ciliegi e degli ontani del bosco. I castagni della marroneta sono già nudi (quando li guardo così, chissà perché, soprattutto nella luce radente del pomeriggio mi viene da pensare che potrebbero essere le pendici del Kilimangiaro). Anche le nuvole d’autunno sono spesso cariche d’oro, quasi riflettessero il fogliame mentre cade a terra - e fuggono su un azzurro pallido di turchese (non è un caso che si ritrovi così abbondante nei paesaggi toscani del quattrocento: anche loro, fiori di queste valli, ci vagavano in mezzo spersi, come anch'io, stasera, scenderò a Firenze, ma in treno e per  cena), denso di nostalgia per l'estate svanita tra le lor brume.

Oggi il mondo è giallo, colore ricco di simbologie potenti: maturità e calore, sostanza e sole, ricchezza e regalità. È proprio strane che in letteratura sia diventato sinonimo di romanzo poliziesco e criminale (la colpa è tutta della Mondadori, ricordo vagamente). Richiama attenzione, ma con la migliore volontà non ci vedo proprio nulla di delittuoso.
Per me è anche strettamente collegato alle api, le damigelle che da qualche tempo hanno invaso il mio quotidiano (i libri che ho pubblicato sull'insettino regale sono ormai una decina; ma soprattutto a Montaonda abbondano gli alveari, sette miei, di più quelli più antichi del vicino; e tutti quest'anno hanno raccolto miele ottimo e abbondante). Mondo giallo, mondo d’oro, con tanto di spettacolare arcobaleno (ieri pomeriggio).  Messaggio  inequivocabile, ci dice "ogni giorno e ovunque le possibilità sono pressoché infinite".






lunedì 22 giugno 2015

Bollettino d’estate: 22 giugno 2015

 





E in men che non ci si accorga ecco l’estate, celebrata da un sussegguirsi di giornate strepitose. Le fioriture sono cambiate (quest’anno le fiorture sono pazzesche,  si vede, no? Ve ne siete accorti  anche giù nel mondo civile? Epperò qualcuno mi ha detto che le piante tendono a fiorire molto quando sono sotto stress, per cercare di riprodursi prima di morire, e questo sarebbe un  segno un filino angosciante) passeranno agli annali della botanica, dopo l’orniello abbiamo avuto di tutto, ora siamo coi tigli gravati dal peso dei fiori, hanno tutto un altro aspetto, sembrano alberi ornamentali, e l’iperico che rifà il bis, dopo la follia gialla dell’anno scorso). Nel pratino davanti a me, a due metri dall'iperico, vedo ancora tre orchidee, a fine giugno.
Proprio ora, prendendo un po’ di sole per scaldare le ossa intirizzite dal fresco del mattino mi chiedevo che senso ha dire che è bella questa natura, dove in realtà vige la lotta per la sopraffazione, l’affermazione e la prosecuzione, dove il singolo quando muore è meglio, che la stirpe si rafforza. Belle le farfalle, ma mosche e pappataci, scolopendre e altri esseri fastidiosi non hanno pari dignità? MI sono trovato la processione delle formiche fin sul cuscino! E qui è tutto un ribollire d'insetti e creaturine mostruose. Uscendo al mattino sento forte l’odore selvatico – chissà che festini celebrano di notte i caprioli, che danze crudeli inscenano gli istrici e le faine coi rospi, mentre i gatti sbattono qua e là topolini e lucertole come fossero cuscini al lunapark, e poi li buttano, come sacchetti di popcorn schiacciati sulla strada. 
Chissà. E intanto, ieri sera una falce luna con impronte di nuvole, luci sparse nel bosco e stelle spettacolari; grazie alle luzzole (qui si chiamano ormai così) sembrava di essere dentro Avatar. Insomma, si fa fatica a credere di non essere al cinema, stando qui. Problemi di realtà sfuggente.



Alla mia tenera età le cose s’inanellano come ciambelle appena levate dal tegame, fatico a starci dietro, non c’è posto dove metterle - è già finita la carta assorbente? Libri vecchi e nuovi (si preparano novità) una suonatina a Pisa, con tanto di bagno, una presentazione a Bergamo del libro sul treeclimbing, i lavori di smielatura (15 kg di ciliegio, e siamo all’inizio, ora arrivano acacia e castagno - spero), mentre quelli sulla casa languono (in programma per l'estate: sostituzione tegole tetto, gronde, decespugliamento serio, antitarlo e finire di pitturare dentro, olio di lino sui serramenti fuori, anche sul pavimento della cucina che fa schifo, intonaco tra le pietre fuori...) e talmente tanto d’altro che non riesco nemmeno a fare l’elenco. Non parliamo di vedere gente, se non in condizioni attive. Ogni tanto mi accorgo di avere il fiatone.  E naturalmente uno vorrebbe anche andare al mare, a trovare un amico in Salento che con quest’estate chiude e si trasferisce altrove, o in Sicilia, dove manco da vent’anni, o sui monti, l’anno scorso ho preso solo acqua, o qui o là, e soprattutto tornare a Berlino (la mia, o invece: perché non visitare una buona volta la Galizia, o la Romania?). Insomma ritornare alle estati spensierate (???) in cui pareva che ci fosse il tempo di fare tutto. E non facevo niente. Ora faccio di tutto, e mi pare di far nulla. E soprattutto, più sento il ticchettio dell'orologio e più nulla vorrei fare: leggere (ho scoperto I. B. Singer), prendere il sole, suonare, cazzeggiare in compagnia, scarabocchiare.



Come si fa? Boh. Non si fa. È diventata un po’ così la vita, non si può fare tutto quello che si vorrebbe (forse bisognerebbe guardare meno internet, ricevere meno imput a favore degli output). Forse basterebbe riuscire a godersi quel che si fa, e sarebbe abbastanza no? Come le lucertole. Avere il tempo di ripensare e rigustare il già fatto. Immobili a prendere il sole, digerire il divorato; e poi, quando sono cariche di energia solare, con un guizzo spariscono, e chissà dove sono. Ed ecco (in un mix di speculazioni e osservazioni dalla scrivania) lì di fianco, alle lucertole (foto da oltre il vetro, quello della foto d'apertura, senza alzare le chiappe), il secondo fiore di una pianta di papavero: impaginando un testo di Marianna Merisi (scritto per il libro di Antonio sull’apicoltura urbana, Edizioni Montaonda, c’è anche un minitesto mio) ho letto che se il fiore dura un giorno solo (e la mia foto è di ieri ma oggi è ancora lì) la pianta riesce a produrne fino a quattrocento in una stagione. Dico, ha un caricatore quasi infinito, spara fuori i boccioli, li innalza, li raddrizza e bum! E oggi ne è sbocciato un altro, e credo che domani ce ne saranno altri tre o quattro pronti (e quanti ancora a raffica ne sta preparando?). Fiori, miriadi di selvatici, del tutto spontanei. Che forza, la natura. Come la gatta, che sembra eterna (siamo attorno ai sedici anni e ha figliato anche quest'anno due teneri micini): le è esplosa mezza faccia per una ascesso, una settimana fa, e ora, nonostante la ferita ancora brutta e in via di rimarginazione, sembra non le sia successo nulla (forse basta non guardarsi allo specchio, per non saperlo? Anch'io cerco di ignorare i dolori al ginocchio, na non funziona granché), allatta e salta qua e là. Insomma, vorrei riuscire anch’io a fiorire e figliare e saltare altrettanto…. anche voi, no? Festina lente, affrettati ma con calma, diceva Seneca (no, nientemeno che Augusto mi dice Wiki), e l'ho sempre trovato un detestabile formalismo retorico, ma forse serve - e se serve, perché no? Alla prossima, allora.


giovedì 21 maggio 2015

Anche maggio è quasi passato



Ancora non era mai successo, un anno intero senza un post!
Ma come sempre in questi casi è un buon segno: la vita mi chiama a essere attivo e presente altrove. Cresce la piccola casa editrice, crescono i lavori per sistemare muri interni e giardino (anche se resta un parolone a sproposito), l'apiario (ben 7 arnie) ora è sotto casa, e poi ci sono tanti impegni vari. Lavoro e lavoro, e sono sempre più spesso a casa - e Montaonda prospera, come questa pianta di orniello che quest'anno - dopo i ciliegi della foto sotto - ha avuto una fioritura eccezionale.
Certo, mi dispiace non frequentare di più questo spazio, che era fresco e verde, una buona espansione mentale. 
E mi piacerebbe senz'altro riprenderlo in mano, e ogni tanto pubblicare un pensiero,
una foto - dicono tanto, anche senza parole - vedremo.

Saluti a tutti - che ancora c'è qualcuno che gira da queste parti lo vedo dalle statistiche.
Pochi, come i viandanti del sentiero 6 del CAI che fiancheggia il muro di casa:  passano, salutano e magari chiedono qualche informazione. Io ricambio, e auguro loro una buona passeggiata, e speriamo che non piova.