Ora mi sembra, mentre leggo e bevo birra sdraiato sul letto
in mutande (e penso che non è affatto una cosa da adolescenti, e per
convincervi mi sembra adattissimo ricordarvi Bukowski), docciato dopo
avere iniziato a imbiancare casina nuova (l'appartamento sul retro - sta per iniziare il conto alla rovescia), e quindi alle 19.30, dopo un
temporale e prima che domani arrivi la Orni, insomma: come una rivelazione mi
accorgo di fare finalmente quello che ho sempre voluto fare, da quando avevo 14
anni (cioè leggere bevendo birra in mutande sul letto). C’è voluta una vita, e
mi chiedo perché mai ho dovuto traversare tante peripezie, come Ulisse, per
arrivare a “casa”? Avrei potuto non muovermi? (Intanto vedo dalla finestra
aperta che ancora piove, ma contro il sole).
Penso che sono solo ma dovrebbero esserci tutti i miei
amici, e massimamente quelli dei tempi andati, perché questa è la festa della
mia vita, il compimento. Parlare con loro, dirglielo. Forse loro sapevano che
tendevo a questo? E in un certo senso loro ci sono, se sono capace di pensarli.
Come in un senso diverso ma simile, mi dico, ci sono tutti quelli che ho
incontrato e conosciuto, anche se non lo sanno. Se penso a loro, sono qui con
me, a bere birra e a scrivere su un taccuino, a chiacchierare. Com’è possibile?
Certo. Per esempio se parlassero, la zia direbbe cosa fai sul letto, mio nonno
starebbe zitto, e anche mio padre. Altri farebbero altre cose, perché
agirebbero, come fanno i vivi. Ma tutti, è questo che mi chiedo, anche tacendo,
mi guarderebbero con approvazione? Capirebbero? E forse – attenzione - è anche
per loro che ho dovuto fare tanta strada, per dimostrargli che starsene su un
letto a bere birra in mutande può essere il traguardo di una vita (vabbe’, sto
anche leggendo un libro di Gary Snyder, A
Place in Space, sarà il suo riverbero che mi investe?). Tornando al dato: non
è la felicità come la immaginavo da ragazzo, quando stavo sul letto in mutande
a leggere e mi mancava tutto (magari leggevo Kerouac, magari c’era pure la birra).
Ora non mi manca niente, ho "tutto" quello che mi serve (almeno, che mi serve ora). Ma questa
tranquillità, questa fiducia che mi sento addosso, dopo anni e anni di dubbi e
ansie, di fatiche e tormenti, è anche più della soddisfazione. E proprio in
questo sta, nel fare quello che tutta la vita si è sognato di fare. Da qui,
sento adesso, potrei non muovermi più (anche se so già che tra pochi giorni mi
rimetterò in strada). E arrivarci alla realizzazione, quando è una cosa così,
invece cioè che diventando il capo del mondo o un uomo di successo (quello sì che è un sogno da adolescenti), non è una
conquista, è molto di più, è una grande liberazione.
(questo non so proprio che insetto sia - a chi lo sa identificare sarò grato - me lo sono trovato in casa e l'ho messo fuori, l'ho chiamato Polverino)
ciao il tuo polverino potrebbe essere un emittero forse un coreidae, suggerisce mio marito, ma bisognerebbe vederlo non insabbiato...se lo ri-incontri posta la foto!!!
RispondiEliminaGrazie Maria Elena. Io mi ero convinto che fosse proprio così, con questa copertura, a scudo e mimetizzazione. Mi pare ricordare di averne già visto uno anni fa. Comunque ci starò attento.
Eliminanel corso dell'estate ne ho visti molti, dentro la casa nuova: e sono tutti così ricoperti di polvere - forse mangiano cemento, e quella specie di carapace ha funzione mimetica?
EliminaMa no...nessun insetto! E' un Montaondiano, creaturina aliena che vive ormai da anni in quelle lande in quota. Il problema non è come si chiama, i montaondiani non hanno un nome, la questione è come si fa chiamare. Di questa specie ne conosco solo un altro, mimetizzato diversamente, che si fa chiamare Luca. :-)
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