domenica 12 luglio 2009

Bollettino di Montanda n. 20: Mio resoconto del convegno a Castelnuovo ne’ Monti (RE)


Dal Muraglione a Castelnuovo ne’ Monti un’aquila volando ci metterebbe forse un’ora, in linea d’aria sono circa 80 km; io invece di km ne ho dovuti fare 190, e di ore ce ne ho messe più di tre (consumando una trentina di litri di gas). Sono entrato nel teatro comunale mentre Laura Fasce parlava delle aquile nel settore occidentale delle Alpi. La sala era al buio, e nelle diapositive della sua presentazione ho riconosciuto le pareti del Monte Bianco e forse il Monviso. Subito dopo, allo scattare della pausa pranzo, mi sono diretto verso il moderatore che mi ha indicato quelle due o tre persone con cui avevo avuto contatti via mail.
Al buffet mi guardavo attorno, questi sono gli studiosi delle aquile, montagnini, quasi tutti, qualche donna anche, certo, mi sono detto, questa è gente che si arrampica sui picchi in tutte le stagioni per controllare, sorvegliare, tutelare. Parecchi giovani, pochi sopra i cinquant’anni.
Riprende la sessione: tocca a Ubaldo Ricci, Enrico Bassi, Jacopo Angelini, ciascuno di un parco e una regione diversi, ovvero Appennino settentrionale, Stelvio e Appennino Umbro Marchigiano. Ognuno presenta tabelle, dati, fotografie di montagne. Quanto lavoro, quanta attenzione. Da quello che capisco, la situazione non è affatto negativa, la popolazione dell’aquila reale è in crescita, o almeno stabile. Nelle foto, mi accorgo per inciso, non si vede nemmeno una pala eolica: i paesaggi sono splendidi, e appaiono incontaminati – con l’eccezione di qualche traliccio –in certi casi però i parchi sono riusciti anche a farli interrare. Imparo un sacco di cose sull’aquila, il suo territorio, i problemi legati alla sua riproduzione, all’alimentazione. Molto interessante, per un ignorante totale come me. Scopro che il Parco dello Stelvio ha realizzato una mostra itinerante sull’aquila, “Aquilalp”, e mi segno che devo suggerire agli amici del “nostro” parco delle Foreste Casentinesi di prenotarla, sembra molto interessante. Scopro che i principali nemici dell’aquila, oltre i bracconieri, che ormai sono pochissimi, sono gli elettrodotti e gli arrampicatori –posandosi sui tralicci restano fulminate, mentre spesso i secondi inconsapevolmente vanno a disturbare i nidi. Scopro che in determinate zone il parco può richiedere il divieto di sorvolo. Eh, che bellezza: cosa non si farebbe per tutelare la pace dei rapaci! Già, qualora non si scelga, con false legittimazioni di produzione energetica, di farli tagliare a pezzi dal’affilata ghigliottina delle pale di un impianto eolico (ecco una nuova denominazione, pronta per l’uso: “impianti tritavolatili”, come per dire: qual sia l’effetto secondario e quello primario dipende dal punto di vista, no?). Alla fine del suo intervento Angelini, tra gli elementi di rischio parla anche delle pale eoliche. È il primo a farlo, e il motivo è chiaro: gli altri relatori provengono da aree dove le pale non ci sono (so solo che nell’Appennino settentrionale si sta cercando di introdurre un impianto eolico nelle Apuane). Certo, perché nelle Alpi le pale non le costruiscono. Non ci hanno nemmeno provato. Angelini presenta il problema eolico succintamente, ma senza entrare nel merito, poi inizia il dibattito. Vengono poste un paio di domande, poi tocca a me. Grosso modo dico: “Mi scuso per l’intrusione, la mia non sarà una domanda ma un intervento, il più possibile breve. Vi porto il saluto di Carlo Ripa di Meana presidente del CNP e di Oreste Rutigliano, segretario generale. Il CNP non si oppone all’eolico in quanto preziosa fonte di energia rinnovabile, sia chiaro, ma combatte da anni contro la proliferazione indiscriminata di pale che, ahimè, non producono una quantità di energia apprezzabile, rivelandosi quindi una mera speculazione finanziaria legata ai certificati verdi, e provocando invece con la loro istallazione e il loro funzionamento un danno profondo su paesaggio, persone, animali e ambiente tutto. Sono qui perché poche settimane fa a un convegno sull’eolico organizzato dal Comitato Monte dei Cucchi a San Benedetto in Val di Sambro, in Romagna, dove una società (la municipale di Verona se non ricordo male) vorrebbe construire un impianto, ho incontrato Tinarelli, un vostro collega che ben conoscete, che in pochi minuti ci ha spiegato l’enorme rischio che le pale costituiscono per i rapaci residenti nell’area adiacente. Poiché abito a San Godenzo, piccolo comune adiacente al Falterona, dove hanno area di alimentazione due aquile reali, in merito delle quali è stato costituito un SIC (sito di interesse comunitario 039 del Muraglione per l’emergenza dell’aquila e del lupo) e lotto contro la costruzione di un impianto che prevede 14 pale da 155 metri sul crinale, eccomi a voi per rivolgervi un’esortazione. Perché potete fare molto per noi, perché il vostro parere può diventare un’arma, uno strumento per la difesa dell’aquila e dell’ambiente in Regione e a livello europeo. Tinarelli ha scritto un bozza di dichiarazione che denuncia il grande rischio cui saremmo esposti se questi impianti verranno costruiti sul crinale dell’intero Appennino, come pare sia intenzione dichiarata. Allora sarà praticamente inevitabile la decimazione e quindi l’estinzione di diverse specie di rapaci tra cui l’aquila reale in gran parte dello stivale. Sta raccogliendo firme tra addetti ai lavori, ornitologi e naturalisti, e noi vi esortiamo a sottoscrivere, e anche a mettervi in contatto con noi, www.viadalvento.org, oppure, nelle aree in cui operate, con i locali comitati di opposizione agli impianti eolici.” Più o meno, nel senso che questo è quello che avrei voluto dire e non so poi quanto chiaramente sia riuscito ad esporre, dovendo tralasciare molto altro per ragioni di tempo e mia inettitudine oratoria. Dopo di me riprende la parola Jacopo Angelini, che ricorda come già gli ornitologi anni orsono si siano espressi in tal senso (lui stesso mi aveva fornito il testo della risoluzione di Avocetta), arricchendo il mio intervento di dati sui rischi per i migratori. Dopo ha preso la parola Kent Ohrn, relatore svedese esperto di aquile, pregandomi di avvicinarlo a fine convegno, perché voleva spiegarmi e darmi ragguagli e contatti sui nostri analoghi in Svezia. Fatto, grazie. Lo stesso ha fatto Dobromir Domuschiev, parlando dei rischi delle pale per le aquile nei Balcani, e soprattutto sulle rotte dei migratori in riva al mar Nero, dimostrando come la preoccupazione per le pale industriali sia viva in tutta europa.
Quindi ha chiesto la parola Aldo Anzivino, del CAI, che ha riportato il discorso sulle pale a San Godenzo, fornendo altri ragguagli, e finalmente ho avuto occasione di ringrazionarlo a nome del mio comitato dell’Ariacheta, per la splendida e chiara relazione che ha presentato in Regione, insieme a Marco Bastogi, entrambi membri della Commissione centrale per la tutela dell’ambiente montano del CAI (TAM). Dopo un altro paio di interventi è poi partita la proiezione di un filmato di Marco Andreini e di una serie di diapositive di Michele Mendi e Mario Pedrelli sull’aquila. Imparo a conoscerla, il suo sguardo penetrante, il suo aspetto fiero e possente, anche mentre dilania la carcassa di un leprotto. A casa guarderò più spesso per aria, cercando il suo volo sovrano.
A conclusione, sia l’assessore del comune di Castelnuovo, in vece del sindaco, sia il direttore dell’ospitante Parco Nazionale dell’appennino Tosco-emiliano, Fausto Giovanelli, hanno ribadito la massima attenzione verso le pale, e l’intenzione di tenerle lontane dal crinale e quanto meno dal Parco. Insomma, per quanto mi riguarda sono uscito provando grande soddisfazione, vedendo che almeno qui qualcuno ci prende in considerazione, e ancora una volta si è riaffacciata la speranza è che forse non è detta l’ultima parola, e qualcosa ancora si possa fare. E quindi: la mia proposta, che mi riservo di elaborare e sottoporre a breve, la lancio qui, ora, dalle colonne di viadalvento, alla Lipu ma anche a tutti gli amanti della montagna e dei veleggiatori (penso almeno a WWF, MW, CAI, ALTURA): è quella di curare – insieme – un’agile pubblicazione graffettata in cui si raccolgano i dati e gli studi già esistenti sul rischio che gli impianti rappresentano per l’avifauna (ci sono anche i chirotteri, ovvero i pipistrelli, e il problema è altrettanto serio e ben documentato), da diffondere largamente a tutti gli amanti della natura, della montagna e dei suoi alteri abitanti. Spero in un interessamento di Danilo Mainardi, presidente onorario della Lipu. e già ora mi sento di ringraziare la Lipu e il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emilano per il lavoro fatto.
Ancora una sorpresa: tornato a casa guardo le foto che avevo scattato a un rapace che volteggiava davanti alla finestra del mio studio, circa un mese fa. Guardatelo qui e sopra, riconoscetela: chi mi sa garantire che se costruiranno le pale ci sarà ancora?

1 commento:

  1. un amico ornitologo mi ha detto che ahimè, quella delle mie foto non è un'aquila ma una poiana. Certo non cambia nulla, rischia di restare uccisa allo stesso modo, e l'aquila in questi territori non sono io ad averla individuata. Ma la figuraccia resta, eccome.

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