domenica 29 gennaio 2017

Scoiattoli a spasso, nei giorni della merla





Scoiattoli: quanti ne avete visto da vicino, nella vostra vita? Io un certo numero, forse data anche l'età, o le frequentazioni. Comunque era un po’ che non ne vedevo, qui a Montaonda (dopo la foto di quello beccato con una noce tra le zampine che correva sui fili intrecciati della luce - sarà in qualche post dei primi anni). Forse da quando mi sono trasferito da questa parte della casa, quindi tre anni compiuti proprio in queste settimane. E forse due insieme che giocano a inseguirsi attorno al tronco di un albero non li avevo mai visti. Chi si ricorda. 
Stavolta, alzando gli occhi dal computer, ho avuto tutto il tempo di recuperare la Nikon, che tengo pronta per simili occasioni (ricordate i caprioli, no?) dal cassetto sotto il tavolo di lavoro, e beccarli, scattando almeno una decina di volte. Il bello degli scoiattoli è che fanno movimenti rapidissimi e poi si fermano, come per mettersi in posa. Una goduria. Sembrano ancora quelli marroni, italiani, quelli che capita di vedere ogni tanto altrimenti immortalati sull’asfalto, schiacciati dalle macchine (sono talmente rapidi quando ti si buttano sotto che hai voglia a frenare, rischi di andare a sbattere (per fortuna credo di non averne mai beccati). 
In questo sono identici ai loro cugini americani, i "cani delle praterie", che si affollavano ai bordi della (statale? Highway?) 66 in California, che al tramonto sembrava giocassero a chi schivava le auto, come surfist incoscienti (negli unici due giorni che ci sono passato, da quelle parti),  con la bottiglia di birra in mano, in caccia di adrenalina.

È segno che l’inverno è già finito? Boh. Ci sono ancora chiazze di neve negli angoli bui, ma certo che il sole qui scalda, sono le nove e mezzo e stamattina presto eravamo attorno allo zero. Quindi, ancora una volta sfatata l’idea del letargo: i due ragazzi si sono fatti un bel po’ di ginnastica, inseguendosi su e giù per il tronco e i rami.
Certo loro sì che si sanno arrampicare sugli alberi - sono delle schegge, soprattutto in discesa, si vede in queste fotine, si aggrappano quasi come pipistrelli - in fondo, saranno cugini anche loro, no?
Chi di ginnastica non ne fa sono io: copertina sulle ginocchia, mani inchiodate alla tastiera, almeno per un paio di settimane non mi posso muovere, lavoro a due libri in contemporanea. 
Con grande dolore perché:  1. si vive una volta sola e 2. sono giornate bellissime, me ne andrei volentieri a spasso a bighellonare sul Falterona ghiacciato. 
L’unica attività fisica, eccettuati i movimenti di occhie polpastrelli è spaccare qualche ceppo di legna (stando ben attento a non stirarmi i muscoli come è successo l’anno scorso, che sono rimasto bloccato fino all’estate dall'orribile capsulite). A proposito di alberi, oggi che è domenica abbiamo anche fatto a pezzi un vecchio sambuco crollato, un alberello stento di cappello del vescovo, un pero ormai secco e spaccato e un pruno spinoso.





giovedì 19 gennaio 2017

Tormenta


Finalmente l’inverno è tornato anche a Montaonda, sono un paio d’anni che mancava. È iniziato a nevicare, qualche fiocco qua e là e squarci di azzurro nel cielo verso Firenze, poi nel corso della giornata il turbinio della neve s’è infittito, a tratti con raffiche come d'un temporale sofficemente ghiacciatosi cadendo per le vie del cielo, e ieri, infine, è arrivata la tormenta. Fa un po’ ridere scrivere di tormenta qui, a 500 metri in Appennino, non ci sono le creste del K2 o la maestà ghiacciata dell’Annapurna, ma le folate del vento sono fenomenali, sollevano secchiate di neve secca come farina e la scaraventano giù dai tetti, poi leggera s’innalza in turbinii come fosse cenere impalpabile, al vento si piegano i rami dei cipressi mentre continua e continua e continua a nevicare. Tutto resta radicato ma si muove e balla coinvolto nel grande movimento del maltempo che attraversa le montagne. Il suolo ha perso la sua forma e la neve ha riempito buche e passaggi, restano alcuni sassi e sporgenze emerse, circondate dalla cornice di neve, come sulle vette ventose delle montagne gelide, disegnando curve morbide che sembrano anse e geometrie curve di greti sabbiosi, letti alluvionali di fiumi  prosciugati. Riscopro che la neve fredda è estremamente secca! La temperatura non sale sopra lo zero, nemmeno a mezzogiorno, e così tutto resta slegato e volubile: basta un colpo e la neve sparisce dai tetti, dai prati esposti, l’albero si scrolla come un setaccio di farina battuto con la mano. Tutt’ora al suolo la coltre non supera i quindici centimetri, anche se siamo ormai al terzo giorno di nevicata quasi ininterrotta – nelle fosse arriva forse al metro. Ieri, scendendo per portare la macchina sulla provinciale, abbiamo visto impronte di: gatto, lepre, cervo. Domenica mattina era schizzato giù dal muretto un capriolo in fuga – lontani i latrati dei cani (non so nemmeno se sia permesso cacciarli). Oggi uccelletti in volo, tra cui il petto rosso spavaldo e qualche passeraceo che foraggio abbondantemente con le scorte di pane secco (se non lo faccio io chi?). Esco come da manuale, giusto per andare a prendere la legna per la stufa, il lavoro non manca e va bene così.

L’ho già scritto una volta, caratteristica della tempesta di neve è che non si può fotografare (e i video per questioni di banda stretta io non li posso usare), che quando il gigante dell’appennino scuote la sua immensa tovaglia infarinata le folate di neve ghiacciata ti investono ma non restano, proprio come i fantasmi si dice, altrattanto volatili, non impressionano la pellicola. Da qui l’uso di tutte queste mie parole concitate, a supplire le poche foto significative non evocative (anche perché  ho fretta e devo lavorare, e - io - ci metto più a scattare che a scrivere).

Il bosco con la neve diventa più bosco, il cipresso si trasforma in abete e sembra di essere dispersi nel Klondike (non era La febbre dell’oro di Chaplin, splendido bianco e nero?). Immagino tracce di viandanti impellicciati, cinghie di cuoio ghiacciate, pellegrini e trafficanti, un po’ come in quel cupo film di Jarmush… brrr....
(scritto il 16 gennaio)

mercoledì 18 gennaio 2017

Non è il Klondike, è solo casa - ma anche qui c'è oro a bizzeffe



Non è Yosemite, non sono Ansel Adams, e questa è soltanto la strada di casa - scattata al volo col cellulare, oggi, 18 gennaio 2017, mentre a piedi andavo a raggiungere la macchina lasciata sulla piazzola, lungo la strada provinciale, in fondo alla quale c'è il paese, e di lì, dicono, il mondo civile.

La foto ha i colori naturali, e la riflessione è questa: quando la terra è ricoperta dalla neve, ecco che diventa bianca, e il cielo scuro - un po' un mondo alla rovescia, non vi pare?