sabato 21 novembre 2009

Bollettino straordinario: SCOOP: MARRAZZO INNOCENTE VITTIMA DI UNA MACCHINAZIONE!!

Ecco qua, per stupirvi tutti, mentre attendo l'aereo che mi porterà in Nepal, voglio svelare la verità sul caso Marrazzo. Non sono Nostradamus, e neanche Maigret, e anche la vicenda la conosco solo per sentito dire. Ma visti gli ultimi sviluppi è evidente che:

Marrazzo è innocente vittima di una macchinazione, e qualcuno molto cattivo che gli vuole molto male (chi sia non lo so, e non posso saperlo) ha voluto fregarlo e ha montato il caso, comprando Brenda e la cocaina e manovrando i carabinieri corrotti (o ricattati) ricattatori.
Ecco com'è andata: Brenda suona alla porta, trova il modo di spogliare quanto basta (è il suo mestiere: gli si inginocchia davanti, e comincia ad armeggiare con i pantaloni, non gli ci vuole molto è un gesto che fa spesso, e basta arrivare a calarglieli - o cavarglieli? Boh, le immagini non le ho viste) il Marrazzo (che non conosco nemmeno di faccia, ma che fino a prova contraria è innocente, e di che, poi?) il quale, sorpreso, sui due piedi non capisce, forse ci sta ma forse anche no, e non sa come ritrarsi di fronte a tali inaspettate avances - quand'ecco, in quell'istante, fanno irruzione i carabinieri.

Il gioco è finito: Marrazzo viene ricattato, qualcuno (certo non un amico) gli suggerisce di pagare, facendogli credere che può venirne fuori. Non si rende conto che in realtà la trappola si stringe davvero soltanto ora, perché il pagamento verrà preso come ammissione di colpa. Quando poi tutto viene fuori (e voi sapete come, io no) hai voglia a cercare di spiegare, negare, nessuno gli crede. Il solito amico, o anche nuovi e vecchi amici, il mondo ne pullula, gli fa credere che ritrattare, pentirsi sia la mossa più conveniente. La mamma perdona sempre i suoi figli peccatori: al giorno d'oggi pare che tutti debbano avere una coscienza sordida per forza, e solo confessando la propria colpa, anche quando non c'è (è la morale cattolica), si possa ottenere il perdono e la riabilitazione. Dall'altro lato, lo stesso spietato meccanismo della fobia da pedofilo: se accarezzi un bambino, ti tagliano la mano.

Naturalmente ora Brenda viene fatta fuori (lo spacciatore era già stato eliminato, e Brenda era stata fatta picchiare per rendere la sua fine più annunciata e credibile), per eliminare il vero punto debole di tutta l'architettura (aveva minacciato di dire la verità? Sstava scappando?). Quanto ai carabinieri, se il potere che li manovra è forte resteranno nell'arma, altrimenti avranno coperture e facilitazioni successive (una bella agenzia investigativa?) per ripagare il loro silenzio. Il secondo video non esiste, perché Marrazzo non ha mai avuto atteggiamenti intimi con il trans (e comunque anche se fosse erano affari suoi), ma chi ne parla lo fa per rendere più convincente tutta la vicenda.

Fantascienza? No, semplicità lapalissiana, e fette di salame e fumo negli occhi, gettati a piene mani dai media sugli italiani.
Quindi la domanda da porsi è semplice: CHI aveva (uso il passato perché il fatto è compiuto) interesse a togliere di mezzo Marrazzo? Forse lui lo sa, forse anche no.
La prossima mossa del cattivo (ma è un optional)? Anche qui non ci vuole molto: Marrazzo dà fuori o si suicida. Magari in convento, stile Nome della rosa. Se l'avessero ammazzato subito non sarebbe andata bene. Ora invece il frutto è maturo. Tanto di cappello al cattivo (non per la bravura, se un coglionazzo come me può scorgere il suo losco gioco, ma per i mezzi che riesce a dispiegare - già: chi è che può dispiegare siffatti mezzi?).
Sia detto per inciso: scrivo tutto questo senza averne la minima cognizione, come pura fantasticazione mattutina (ieri sera ho finito di leggere Ammanniti) - che nessuno dunque se la prenda con me, se poi un giorno si scoprisse che le cose stavano diversamente (ma si saprà mai? NO!). Fossi Luca Relli, la puntata sarebbe già bell'e pronta.

Buon divertimento a voi laggiù - io me ne vado a Katmandù

domenica 15 novembre 2009

Bollettino di Montaonda n. 23: In bilico, ovvero più di là che di qua


Sto per partire e un po’ mi spiace, in questo momento i colori del bosco sono al massimo splendore, verrebbe voglia di non far altro che passeggiare col naso per aria. E invece ho un sacco di cose da sbrigare, domani me ne torno a Milano e poi sabato prossimo “stacco l’ombra da terra”, volo a Kathmandù. Ho grandi aspettative da queste tre settimane in oriente, un po’ ho studiato, un po’ mi hanno caricato gli amici che ci sono stati, un po’ ho degli ottimi contatti, perché mi ospiterà l’amica Maria, che è lì da cinque mesi, e poi c’è chi mi ha raccomandato ad altri.
Qui, la situazione che lascio, non è male, in cantina c’è legna a sufficienza per riaccogliermi a metà dicembre anche con pioggia o gelo, anche il vino non manca, e poi tanti progetti e cose in ballo. La lotta del comitato contro l’impianto eolico sul crinale, visti gli ultimi sviluppi, pare abbastanza consolidata: sarà probabilmente ancora una lunga battaglia, ci sarà tempo per fare. Per gli amici del comitato butto lì che parto per un viaggio di lavoro, il Vaticano mi ha incaricato di verificare questa storia delle bandierine nepalesi, che spargono preghiere al vento: si riuscisse ad applicarle alle pale, avremmo preghiere automatiche e gratis, in gran quantità, e questo ci permetterebbe di rivoluzionare tutto l’aldilà ed eliminare la lunga attesa nel purgatorio, garantendo invece una rapida e democratica ascesa in paradiso a tutti, in primis quanti hanno escogitato e realizzato questo bel sistema d’espiazione meccanica. E, mi viene in mente ora, ci potrei aggiungere pure un’appendice di studio su frequenza e incidenza del sacrificio automatico dei volatili arrotati dalle pale (non saran polli ad Escula-pio, ma chirotteri a Padre-pio, rapaci a San Giovanni Paolo Rotondo, insomma, visti i tempi sarebbe anche ora di tornare al sacrificio cruento, no?, un bel brivido religioso, col bollino papale, invece di continuare a massacrarci nelle maniere più invereconde e nichiliste).
Il vecchio e primitivo rosario snocciolato e consumato nelle serate d’inverno davanti a fuoco e castagne finirebbe nei musei, a far da contraltare ai giganteschi marroni dei mugellani ( eggià, il rischio è che l’inferno, con il fragore perenne del mulino-macina del tempo, si trasferisca di qua).


Morsellianità a parte, sono invece un po’ indietro con l’impianto fotovoltaico, speravo di averlo montato per l’autunno, invece non è così semplice, la divina Sovrintendenza al paesaggio, che in deroga al suddetto per priorità di elettrica salvazione umana ammetterà forse pale alte 150 metri, di sicuro mi costringe a costruire i miei pilastrini di cemento, ricoprendoli in pietra, invece di permettermi di usare semplici pali di legno, prendendosi poi per diritto suo ed esclusivo 60 giorni di tempo per non dire nulla, ovvero per non obiettare sul progetto modificato secondo le sue già menzionate richieste e che quindi – salvo uno sia proprio deficiente - dovrebbe già essere perfettamente idoneo. Ma lungi da farmi preda di ugge gaddiane, porto pazienza, e dò solida prova di serafico orientalismo: anche questi mesi passeranno, e in fondo, perché rovinarsi la salute quando posso fare cose molto più interessanti? Per esempio, mentre i pannelli stagionano insieme ai formaggi nell’ombra della cantina, guardo fuori dalla finestra e chiacchiero coi ragni, ce ne sono due che si sono ricavati una specie di bozzolo-nascondiglio di bava sotto la cornice del vetro, e stanno lì da settimane, a guatare, aspettando, anche loro, una vittima (e se non arrivasse?).

Medito, e nella mia frenesia milanese concludo che potrei fondare una nuova setta sincrorientale, proclamarmi pontifex maximus “del Ragno d’oro”, che nella sua sublime epifanesi si dota di buddica pancetta, e di otto braccia, da vero mächtiger Gott (Heil Shiva!). E chi ci dice che il Ragno Guatama non sorrida, pure? Quanto alla danza dell’ottòpede, eh… Potrei quindi riesumare antichi culti misterici greci e salentini, chiamare i miei discepoli Guantanamomanìtes e fondare la disciplina su segregazione, meditazione, immobilità, salvo prescrivere una danza da fare sì carponi ma con slanci e improvvise scosse elettrizzanti verso l’alto, saltando su reti permaflex, sussurrando il mantra bidibodobù - e invece di meditare sulla luce increata del monte Tabor, via a flettere e riflettere sui mille significati del filo di luce (ovvero Luca e l’epifania della ragnatela in faccia, ogni volta che entro nella criptocantina?), quella splendente secrezione setosa a cui sta appesa la vita, ragno imago dell’alpinista che si slancia nell’altissime quote dello spirito – e le parche! Kloto Lachesis e quell’altra… chisselaricorda la terza, che filano e tessono il nostro destino come una copertina e sudario (questa mia frenetica fantasia teriomorfica dev’essere dovuta alla visione della Piccola volpe astuta di Janàcek, cui ho assistito due giorni fa al Comunale, splendida reverie del ’26 sul senso della vita nella campagna morava).
Vedremo, vedremo se tornerò dall’oriente ricco di nuove sapienze antiche (gettate finalmente le vecchie), illuminato o annebbiato, rischiarato dall’aria cristallina delle grandi vette o turbato dallo spettacolo della vita grezza, allo stato puro, dalle omeriche pulci o dai socratici piedi nudi, dai santoni che vivono come cinici, come cani (ricordo una foto di filosofi Bamayana, in Mali, seduti per terra, indistinguibili da poveri senzatetto).
Certo qui lascio, oltre al conto in banca, un forte desiderio di tornare, perché nei momenti di dubbio – o consapevolezza? - mi vedo preso dalla fregola di andare finalmente – ho esaurito le scorte! - a far compere nel grande centro commerciale, ma soprattutto per tornare poi carico di pacchi, e sciorinare sul tavolo e nelle soirees di valle le mille meraviglie acquistate ovviamente per una bazzecola. L’oriente non è in fondo un grande magazzino della spiritualità? Fachiri, lama guaritori, astrologi, sciamani, in Nepal c’è di tutto, chissà quali consulterò e soprattutto cosa mi diranno e mi faranno fare (per non parlare di tessuti, incensi e dei mille altri santini e magici oggetti di cui mi riempirò la casa).


Mi spiace non portarmi dietro il sax (ma forse chissà, troverò la qualche magico flauto), perché ci sto prendendo gusto a studiare, è così bello avere finalmente e di nuovo qualcuno che ti corregge, che ti dice facilmente e con certezza dove stai sbagliando e ti incoraggia a migliorarti (Lucia, la maestra della banda del paese). Suonare uno strumento a fiato è un’emozione particolare, è vibrare, animarlo e animarsi, è come parlare dietro una maschera, l’aria esce dai miei polmoni e diventa suono forte, potente, armonioso (non ancora tanto, però, insomma…). E poi anche Buddha, è certo, in gioventù si dilettava col flauto. Da sempre ho considerato la musica – e proprio la nostra classica - come una delle poche cose decenti risultate dalla nostra sempre più franante (queste frane, queste eterne frane, vorranno ben dire qualcosa, no?) cultura occidentale; infatti tutti ce l’ammirano, un’orchestra di 60 elementi è una vera goduria, nessun'altra cultura al mondo possiede credo un apparato musicale del genere. Non che io speri tanto, perché come diceva non ricordo più chi (forse era ancora Herringel nel suo Tiro con l’arco?) ci vuole anche il talento, e quello è un dono divino che non tutti hanno, io no di sicuro. E comunque non è vero che abbiamo solo la musica, grande castronata ho detto, o forse sì oggi, mi viene da aggiungere, ricordando quando l’amico Marco, esperto di pittura italiana, cercava di spiegarmi i misteri dell’incarnato, ovvero di come in pittura nei secoli si sia imparato a rendere e raffigurare la trasparenza della pelle, la pelle umana, mostrando sulla tela la vita e la sostanza morbida della carne e del corpo, soprattutto femmineo, angelico ma terrestre, un miracolo dell’arte e del talento, senz’altro! Per non parlare della danza, del teatro e del canto delle molte arti! Ma, permettetemi! - nel mondo d’oggi valgono quanto un peto di vecchia. Ahimè, eravamo un popolo pieno di talenti, i famosi Italiani!…

Ecco, si dice che i nepalesi e i tibetani che da loro si sono rifugiati abbiano, almeno fino a pochi anni fa, assai sviluppato il talento per la spiritualità. Quindi me ne vado e vedo, se riesco a racimolarne un po’, e poi vi racconto (e poi mi dicono che non faccio inchieste, giornalismo d’attualità. Mah!).




Ilustrazioni:
Per suggerire riflessioni post-heideggeriane sull’altra nostra specialità d’occidente, la tecnica, e i suoi benefici (tra cui le psicopompiche pale eoliche), illustro questo mio bollettino assai pedante con:
foto 1-2: scattate il giorno 3 novembre, la prima alle 11.22 in uscita da Milano (A1, Melegnano), la seconda alle 14.41 a Montaonda
foto 3-4: illustrazioni tratte da Der Grosse Brockhaus, anno MCMXXXI (stavo sfogliando alla ricerca di un’immagine di Shiva, Schiwa, e m’imbatto nella voce Schlachthaus: al vostro buon talento trarre analogie e conclusioni).