giovedì 5 febbraio 2009

Bollettino 16: La passeggiata dei cinque continenti



Qualche giorno fa di pomeriggio, in una giornata con un po’ di sole, sono andato con Chiara a fare una passeggiata dalla parte della casa di Paolo, il mio altro vicino, meno vicino perché tra le case ci sono circa 200m in linea d’aria e almeno 400m per la strada, per arrivarci bisogna prendere una diramazione e attraversare una valletta. Paolo ha comprato la casa di Onda praticamente mentre io compravo la mia. La sua era allo stato di rustico, e ci deve ancora fare un sacco di lavori, ma ci abita, anche se dentro è un mezzo cantiere, e ci ha già trasportato tutte le sue cose, compreso il pianoforte (è pianista classico, ci ho visto sopra aperti degli spartiti da brivido). Da Onda passa la strada vecchia per il paese di San Godenzo, la mulattiera che non avevo mai percorso. È ancora praticabile perché tenuta dai cacciatori e da chi ha bisogno di andare nel bosco a tagliare. Corre in piano, a tratti come su un balconcino seguendo la stratificazione naturale della roccia, serpeggia a mezza costa, dentro e fuori le vallette e i colatoi scavati nel fianco della montagna. Erba secca, qualche cipresso, pietre, licheni, aceri, querce, edera, arbusti, qualche albero crollato e tolto di mezzo con la motosega.
Passeggiando Chiara mi dice che sta pensando di passare più tempo con me, qui a Montaonda, o magari, chissà, viaggiando. Io le ho detto, piuttosto sorpreso, ah, naturalmente, la cosa mi fa molto piacere. Quanto ai viaggi non so, così su due piedi fammici pensare… Chi mi conosce sa bene quanto poco volentieri mi muovo, e quanto poco mi sia mosso nella mia vita. Per esempio non sono mai stato fuori dall’Europa (Turchia e Marocco le mie colonne d’Ercole), il primo viaggio aereo l’ho fatto a 35 anni, non per paura ma per ostilità ideologica. Dico che poi quando sono in giro non so “che ci faccio lì”, tiro in ballo Socrate, mi dichiaro contrario allo spostamento coatto sotto forma di vacanza o viaggio esperienziale, soprattutto quando si deve andare in terre ignote e allofone dove ritengo siano ben poche le possibilità di capire - non parliamo degli obiettivi di guardare delle montagne o pucciarmi nel mare. Ebbene: questa volta ho soppesato per un istante tutto l’armamentario delle mie argomentazioni e subito ho detto, guardandola, che davvero si potrebbe fare, potremmo viaggiare parecchio, in fondo il costo della vita a MO è vicino allo zero, non ho più mutui sulle spalle, ho circa 3 settimane di semilibertà ogni mese (devo solo connettermi un paio di volte e lavorare col portatile). Non c’è più l’Albania, si può andare altrove. Insomma: si può fare davvero. All’improvviso ho sentito che potrei togliere il macigno dalla grotta del mio anacoretismo. Ho sentito come una strana leggerezza e vacuità. Nel frattempo eravamo giunti alla casa gialla (nella foto che apre il bollettino 15 si vede in alto a ds), quella che ho visto mille volte dall’altro lato della valle, dalla provinciale che mi porta a casa. Non è affatto male, un bell’edificio, grande, con un’aia spaziosa, ma ha una ringhiera di ferro, due cagnetti che berciano e poi mi pare un po’ troppo ristrutturata e finita, con gli intonaci tutti uguali e diritti. Questione di gusti. Il sentiero qui diventa una bella strada sterrata, che si inoltra risalendo a destra nella valle sotto al Cavallino, mentre dall’altro lato scende con un tornante per tornare in lenta discesa verso il paese, costeggiando un’abetina.
Chiara, che di mondo ne ha visto parecchio più di me, è partita dicendo – ricordo che qui siamo usciti un attimo oltre il ciglio della strada, lato a valle, attraverso le tre o quattro file di pini per affacciarci sopra al piccolo pianoro e cercare di scoprire dov’era la cascatella che si sentiva rumoreggiare di sotto, e ne abbiamo viste due – ti porto in Ladakh! Ti piacerà! Ci sono montagne incredibili, valli lunghissime, fiumi impetuosi! Oppure potremmo andare in Patagonia, un altro viaggio lo facciamo in Patagonia, a vedere il Perito Moreno, a vedere picchi e laghi incredibili e le distese dove non c’è nessuno. L’idea mi piace, perché no? In fondo questi posti mi hanno sempre attratto. Si vede che è cambiato qualcosa. Ora torniamo sulla strada, e poco dopo ci sorpassa la Land Rover Freelander che avevamo visto parcheggiata alla casa gialla, l’autista un 40-50enne dalla faccia non particolamente allegra, non fa nemmeno mostra di vederci – essì che di persone qui ne passano ben poche, credo. Dico perché non andiamo invece in Bulgaria, ricordi, ce ne parlava l’altro giorno Martin, un ragazzo ceco di passaggio dalla nostra valle, sostiene che è bellissima e incontaminata, che la vita non ci costa niente e c’è anche il mare (ma d’inverno fa freddo, diceva Martin, che infatti i mesi freddi se li fa in Spagna). E poi facciamo a turno: potremmo andare in Brasile, Uzbekistan, a New York, e ci mettiamo a enumerare i posti dove abbiamo dei contatti, in California, in Chiapas, in Thailandia, amici o amici di amici, gente che di sicuro ci può ospitare! Ecco, sì, potremmo volare, senza più toccare il suolo, e mi vedo ancora in mezzo alla strada piena di fango a fare il gesto con le braccia aperte – insieme potremmo visitare tutti questi paesi. Finchè dura naturalmente, finché ci va. Si può fare, davvero. Ahah, e allora cosa penserebbe la gente nel vedermi andare in giro per il mondo, io che ero il non viaggiatore incantato, il sedentario, che mi fa fatica anche andare a Firenze. Mi viene da ridere. Ed è qui che incontriamo un vecchio furgone montato sul ciglio della strada a camper, con un pannello solare, qualcuno me ne aveva parlato, e mi accorgo, guarda un po’, che ha una targa berlinese! Ho sempre sognato avere un mezzo targato Berlino, e quando ci abitavo, per sei anni, ho sempre avuto macchine targate Milano! E allora, non sarà un segno? Questo furgone che è arrivato qui ad arenarsi, come un’arca, sulle rocce dell’appennino! Proseguiamo e continuiamo a parlare della Cina, dell’Africa nera, di Cuba e del Madagascar, della Nuova Zelanda! Perché sì, i costi aerei non sono poi mostruosi, basta non muoversi troppo, e poi si possono pure fare gli scambi di case, e in quell’istante tutto ci sembra possibile, tutto a portata di mano. Siamo arrivati alla nostra meta: la strada è scesa fino quasi ad affiancare il fiume, alle case dove c’è il mulino e il ponte che porta alla provinciale. Tutte abitate queste, una ha un’ampia terrazza che si affaccia proprio sul fiume scalmanato, ma chissà che frastuono, come faranno a viverci? Ci affacciamo dal parapetto, il Comano è in piena, ha piovuto parecchio nei giorni scorsi, è caduta molta neve in alto. Poi ci giriamo e percorriamo a ritroso il nostro cammino, un’altra mezz’ora per percorrere un tratto che corrisponde a 1 km della provinciale. Ma com’è diventato lungo questo sentiero, una mulattiera che ci ha portato a Macchu Picchu, sui monti della Scozia, in Birmania, scansando rami di rovo, rosa canina, scavallando ruscelli e vagando per i cinque continenti…
Ecco questo è l’aggiornamento mensile da Montaonda. Nei giorni seguenti ho deciso che del retro non sistemerò solo il tetto, per metterlo al sicuro dai crolli, ma che di quella parte della casa che è rimasta ancora stalla di pietra e senza finestre, sistemerò anche l’interno: vorrei chiudere il grosso dei lavori entro l’anno, e quindi: pavimenti, intonaci, servizi e condutture, impianti, serramenti. Sarebbe bello, chissà se ci riesco. E i pannelli solari. Vedremo. E forse si compirà tutto questo, intervallando una cosa e l’altra a viaggi in giro per il mondo.